Ci sono due tipi di negatori dell'eticità.


«"Negare l'eticità" - può significare in primo luogo: negare che i motivi etici, che gli uomini adducono, li abbiano effettivamente spinti alle loro azioni, - è sostenere quindi che l'eticità consiste tutta in delle parole e appartiene alla grossolana e insieme sottile impostura (e, in particolare, autoimpostura) degli uomini, e forse, il più delle volte, questa si trova proprio in coloro che più sono famosi per virtù. In secondo luogo può significare: negare che i giudizi etici si fondino su delle verità. Qui viene ammesso che essi sono effettivamente motivi dell'agire, ma in tal guisa sono altresì errori, posti a fondamento di ogni giudizio etico, quelli che spingono gli uomini a delle azioni morali. [...] Io nego dunque l'eticità come nego l'alchimia, cioè ne nego i presupposti: non nego però che siano esistiti degli alchimisti e che a questi presupposti credevano e in base ad essi agivano. - Io nego anche la non eticità: non che innumerevoli uomini si sentano contrari all'eticità, bensì che nella verità vi sia un fondamento per sentirsi tali. Io non nego quindi, come è evidente - ammesso che io non sia un folle - che molte azioni che vengono chiamate non etiche, siano da evitare e da combattere; parimenti che molte che si dicono etiche siano da compiere e da perseguire, - però io credo che sia nell'uno come nell'altro caso si debba partire da fondamenti diversi da quelli finora addotti. Noi dobbiamo apprendere in un modo diverso, - per alla fine, forse assai tardi, raggiungere un qualcosa di più: il sentire in un modo diverso». 


(F. Nietzsche, Aurora, Aforisma n. 103, Ci sono due tipi di negatori dell'eticità).