Uguale o fratello?

Per democratizzare il cristiano bisogna alterare i testi, leggendo "uguale" dove c'è scritto "fratello".

Nicholas Gomez Davila

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria ... Lc 1,39.44

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!"

Alle armi


La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.

Efesini 6,12.

I matrimoni omosex spiegati a un bambino

Cari ragazzi, come sapete nella nostra casa è vietato parlare male delle persone , o almeno ci proviamo, a non farlo. Se qualcuno sbaglia sono affari suoi, tra lui e Dio. A meno che non ci sia un compagno, che so, che si sporge troppo dalla finestra, o che attraversa la strada con gli occhi sull’iPod mentre passa un motorino. In quel caso, visto che rischia di farsi male, potete dirgli qualcosa, direttamente a lui, e possibilmente senza frantumarvi nessun osso. C’è un solo caso in cui del male degli altri bisogna proprio per forza parlare, anche a costo di prendere un palo in testa, ed è quando rischia di andarci di mezzo qualcuno più debole , che non può difendersi da solo. È proprio per questo motivo che il babbo e io ce la prendiamo tanto per i cosiddetti matrimoni omosessuali, che poi matrimoni è una parola che in questo caso non si può dire perché viene da munus e mater, cioè il dono che si fa alla madre, e tra due uomini o due donne non può comunque esserci una mamma. Quindi di cosa facciano gli omosessuali nel privato non ci occupiamo proprio, non è una cosa che ci riguarda, e tra l’altro pensiamo che anche loro non la dovrebbero sbandierare troppo , come facevano quei signori che avete visto a Parigi l’estate scorsa, con le piume e i sederi di fuori. Tra l’altro, avete mai visto me e il babbo andare in giro in mutande? Comunque, se loro lo vogliono fare noi ci limiteremo a passare da un’altra parte, visto che non erano proprio eleganti i signori con le banane gonfiabili e le signore senza reggiseno. Capiamo anche che se sentono il bisogno di farsi vedere vestiti in quel modo forse non sono tanto felici , e quindi se ci capiterà di averne uno vicino, che ne so, al lavoro o in vacanza, cercheremo, se lui o lei vuole, di farci amicizia. Il problema che ci preoccupa tanto però è quello dei bambini e delle famiglie. Noi crediamo che le leggi, come vietano alle persone di ammazzare, rubare, ma anche di parcheggiare sulle strisce pedonali o mettere la musica altissima alle tre di notte, cioè di fare quello che può danneggiare gli altri, debbano impedire assolutamente di confondere la famiglia con tutti gli altri modi di stare insieme. Modi liberi e magari bellissimi, per chi vuole, ma diversi dalla famiglia. La famiglia è il luogo in cui devono crescere i bambini, e infatti in Italia sono stati chiusi gli orfanotrofi, e si cerca di far vivere i bambini senza genitori in case famiglia, che non saranno il massimo, ma è meglio di prima. Un babbo e una mamma sono la condizione minima per i bambini per crescere bene. Certo, ci sono anche tanti genitori che non sono sempre bravi, infatti abbiamo detto minima: non basta che ci siano, devono anche impegnarsi un pochino per essere buoni genitori. Ma se non ci sono, per un bambino è impossibile crescere in modo sano, equilibrato, felice. Vi immaginate se il babbo non ci fosse più, e io mi fidanzassi con una signora? Non fate quelle facce terrorizzate, sto dicendo per dire. O se invece di me ci fosse un amico del babbo? (Siete meno terrorizzati? Già vi figurate pomeriggi senza ripasso di grammatica e niente crisi isteriche per i fumetti scaraventati a terra?) Comunque, tanti dottori che studiano le teste delle persone dicono che è normale che la cosa vi sembri tanto strana, perché è giusto che voi vogliate un babbo maschio e una mamma femmina, anche se a scuola cercano di dirvi il contrario (va di moda, ma non vi preoccupate). Vi diranno che non siete d’accordo perché andate in chiesa, ma noi pensiamo che sia solo buon senso . Sono le regole di funzionamento delle persone (è vero, le ha fatte Dio, ma funzionano comunque tutte allo stesso modo, non è questione di credere : se non credi nella benzina e metti la Fanta nel serbatoio la macchina si rompe). Noi non siamo contro nessuno , ma come diciamo al compagno di non sporgersi dalla finestra siccome siamo cristiani dobbiamo continuare a dire, quando ci è possibile, senza offendere o attaccare nessuno,qual è il modo per non farsi male, nella vita. Il progetto di Dio sul mondo è la famiglia, un meccanismo faticoso ma affascinante, in cui si mettono insieme le differenze , prima di tutto quelle tra maschi e femmine, e si cerca di funzionare tutti al meglio. Questo è l’uomo a denominazione di origine controllata. Poi ci sono gli ogm, ma i loro semi sono sterili (i semi delle piante create in laboratorio vanno ricomprati ogni anno): allo stesso modo due maschi e due femmine non possono riprodursi. Quando cercano di ottenere dei bambini, non per dare una famiglia a dei bambini, ma perché li desiderano loro, devono fare delle cose che fanno stare male tante persone: le mamme che prestano la pancia, quelle che danno l’ovetto, i babbi che danno il seme da mettere dentro, e soprattutto i bambini che non sapranno mai da quale storia vengono, non sapranno che facce avessero i nonni e che lavoro facessero i bisnonni, e poi avranno due mamme, due babbi, insomma una gran confusione, dove a rimetterci sono i bambini . A noi dispiace tanto se le persone dello stesso sesso che si vogliono bene non possono avere bambini, e rispettiamo e capiamo la loro tristezza, ma è la natura , e noi abbiamo il dovere di difendere quei bambini che non possono farlo da soli. Ci sarebbe da dire poi che lo stato dovrebbe aiutare le famiglie, che sono moltissime moltissime di più (e forse per questo non ci aiutano, è più difficile risolvere qualche problema alla maggioranza), ma questo è un discorso che abbiamo fatto tante volte… (intanto si sono già alzati tutti da tavola, e sto parlando da sola come al solito).


Costanza Miriano

Cambio di prospettiva

Cambio di prospettiva. È Dio che vuole essere amato, proprlo da te. Come chiunque ami davvero, Egli soffre se non è amato. Vuole però che sia tu stesso a volerlo amare, perchè solo nella libertà può nascere l'amore. Ecco l'inquietudine: accoglila a piene mani, sarà lei a condurti sulle sue tracce, fino a trovarlo.

Edward Feser, Avicenna’s argument from contingency, Part I

The medieval Islamic philosopher Ibn Sina orAvicenna (c. 980 - 1037) is one among that myriad of thinkers of genius unjustly neglected by contemporary philosophers.  Useful recent studies of his thought include the updated edition of Lenn Goodman’sAvicenna and Jon McGinnis’s Avicenna.  More recent still is McGinnis’s essay “The Ultimate Why Question: Avicenna on Why God is Absolutely Necessary” in John F. Wippel, ed.,The Ultimate Why Question: Why Is There Anything at All Rather than Nothing Whatsoever?  Among the topics of this essay is Avicenna’s version of the argument from contingency for the existence of a divine Necessary Existent.  Let’s take a look.

The argument McGinnis discusses can be found in the Najāt, with the relevant excerpt available in the anthology Classical Arabic Philosophy, edited by McGinnis and David Reisman (at pp. 214-15).  The background to the argument is Avicenna’s view that existence, necessity, and possibility are better known to us than anything we could say in order to elucidate them.  In particular, the claim that something or other exists is more obviously correct than any argument we could give for the claim would be.  And the notions of necessity and possibility are more basic than any other notions we could appeal to in trying to define them.  (Note that he is not saying that the existence of something necessary is more obvious than any argument we could give for it; on the contrary, his aim is precisely to give an argument for it.  That something or other exists he takes to be evident; and what it would be for a thing to be necessary he takes to be evident.  But whether something necessary actually exists he does not say is evident, but requires argument.)

Nevertheless, Avicenna does think that we can say something todescribe the notions of necessity and possibility, even if we cannot strictly define them.  He says that something that is “necessary in itself” is something that is entirely determinate in itself and thus requires no cause, so that if it exists it could not fail to exist under any conditions.  By contrast, something that is “possible in itself” is something that is inherently indeterminate as to its existence or non-existence, and thus requires a cause.  Again, though, these are not definitions in terms of better known or more basic concepts, but rather just criteria for identifying what would count as a possible thing or a necessary thing.  (Avicenna also identifies a third category of what is possible in itself but necessary through another.  That would be something that of itself need not exist but is nevertheless necessarily caused by some cause.) 

So, is there something that exists in a necessary way?  That brings us to Avicenna’s argument, of which McGinnis gives an exposition over several pages.  What follows is my own outline of McGinnis’s statement of the argument.  (McGinnis does not put things in this step-by-step way, so the reader should not assume that he would necessarily agree with every detail of my reconstruction.) 

Here, then is the argument:

1. Something exists.

2. Whatever exists is either possible or necessary.

3. If that something which exists is necessary, then there is a necessary existent.

4. Whatever is possible has a cause.

5. So if that something which exists is possible, then it has a cause.

Let’s pause briefly.  You might expect that after step (5), Avicenna’s strategy would be to argue that we must rule out an infinite regress of causes.  But that is not his approach.  Instead he turns his attention to the metaphysical status of the totality of possible things (where the question of whether this totality is infinitely large or not is not in view here).  Returning to the argument:

6. The totality of possible things is either necessary in itself or possible in itself.

7. The totality cannot be necessary in itself since it exists only through the existence of its members.

8. So the totality of possible things is possible in itself.

9. So the totality of possible things has a cause.

10. This cause is either internal to the totality or external to it.

11. If it is internal to the totality, then it is either necessary or possible.

12. But it cannot in that case be necessary, because the totality is comprised of possible things.

13. And it also cannot in that case be possible, since as the cause of all possible things it would in that case be its own cause, which would make it necessary and not possible after all, which is a contradiction.

14. So the cause of the totality of possible things is not internal to that totality, but external to it.

15. But if it is outside the totality of possible things, then it is necessary.

16. So there is a necessary existent.

Note that in step (13) the idea of self-causation is raised.  Avicenna does not actually think that such a thing is possible, but is merely allowing it for the sake of argument.  His point is that if a possible thing were its own cause then it would be entirely determinate in itself and rely on nothing outside it, in which case it would not really be possible but necessary.   Since this is a contradiction, what led us to it -- the assumption that the cause of the totality of possible things is internal to the totality and thus itself possible -- must be rejected.  Of course, if we simply reject the possibility of self-causation out of hand, the same result follows more quickly.

As McGinnis notes, among the distinctive features of this argument are that it not only does not require a premise to the effect that an actual infinite is impossible (as cosmological arguments often do), but also does not rely on a premise to the effect that the world of possible things is orderly (as a teleological argument does), or that it is in motion (as an Aristotelian argument from motion does), or is multiple as opposed to unified (as a Neoplatonic argument might).  Its aim is to show that if anything so much as exists at all then there must be a necessary being. 

What should we think of this argument?  And what can we know about the nature of this necessary existent?  

Ateismo? Una forma di fede.

"Chi sceglie l'ateismo fa un atto di fede: nel nulla. Possiamo fare questo esempio: se dicessimo ad un ateo che all'improvviso dinanzi a noi comparirà un oggetto, costui ci prenderebbe per pazzi,e non a torto. Ma dov'è il paradosso? L'ateo non crederebbe mai che dal nulla possa venir fuori un oggetto,mentre crede che dal nulla possa
venire fuori l’intero universo".

Antonio Zichichi

Urna di vetro


Ho provato a seppellirmi, per un poco,
dietro la porta, seduto tra le ante
della piccola bussola. -
tutta la botanica del
creato
- di là dai vetri, è ridotta a un vialetto
con una quercia, i cedri,
e due emerocallidi.
I godimenti di
una volta,
quando l'organismo era me stesso
secondo il desiderio - tutta la materia,
credo,
vibri così, trascorsa dalla vita,
anche gli antri aridi dei vulcani,
quando fuoriescono
le lave che si consolidano, e che
s'imponga sempre la giovinezza
per i canalicoli seminali.
Come può
darsi
che uno come me, senza castità,
possa un giorno salire sino a un eremo,
distaccarsi in preghiera, esalarsi di
sera
se non nel maggio, trascinando con sé
un'intera foresta
e la volatile polvere dei suoi profumi,
che apre le bocche dappertutto
per nutrimento, per amore?
Questa è un'urna di vetro - ma
all'esterno
le generazioni metodiche delle ombre
si spostano, e un tepore penetra il
legno,
dà sussulti, scotimenti, moti
d'atomi:
e anche le parole sono fiato, soglia
dell'audiogramma,
energia-materia
che rientra nell'eterno.

Pier Luigi Bacchini

Considerazioni su un masso

CONSIDERAZIONI SU UN MASSO

Specie casta del geoide.
Giallognolo verdastro
e lunghe piogge, chissà perché
non ti avevo riconosciuto prima, sasso
roccia
raggiera d'angoli cristalli odiati a scuola.

Mi sei apparso nell'ombra del bosco, dall'umidità
affioravi come una schiena d'animale morto.
Ti eri frantumato senza sangue
o linfa senza dolore
né morte o vita.
Inerzia
peso: l'opposto del divino.
Ti ho accarezzato per la prima volta
sede dei torrenti d'estate asciutti e vani.

Ti accarezzavo. Le acque non ti avevano ancora levigato
e mi parevi buono benché sappia della tua insensibilità.
Da te ha proceduto la vita
e fai le due dimore degli uomini. Mi sostenti
hai sprizzato la scintilla.

Anche il fuoco non t'intacca
ma il vento
ma l'acqua ti rodono, la vegetazione ti ricopre
come una tomba. Sosti
in silenzio. Di te
so che sei l'impalcatura del mondo.
So che sei la memoria del mondo, graffita.




Pier Luigi Bacchini - Poesie

Il figlio

Il figlio

Ecco noi due. Golfini le scarpette... lo metteremo
nella sua cassetta
non penseremo nemmeno al nome. Ossificato
bene in posizione podalica. Macerato. Tutto qui.
È una storia di molti contrasti
molti anni viali
quella certa sera quel film insieme
e libri studi.
Per qualche trasfusione
compiuta con leggerezza.

Così figliuolo non ti vedrò vestito da cacciatore
acceso in volto (non pallido
come sono io) dopo aver pranzato e brindato
in una casa di campagna nella nebbia. Né tremerò
insieme con tua madre
per i pericoli della tua vita, né avrò scontri con te
ribelle e già uomo. Nessuno ti rapirà al nostro amore
nessuna donna che io stesso
avrei volentieri amato.
Ma vigilie di Natale dai posti vuoti
ogni anno io e Maria Luisa
lungo la cenere tranquilla dei giorni.

Pier Luigi Bacchini 

L'effetto Dunning–Kruger


L'effetto Dunning–Kruger è una distorsione cognitiva a causa della quale individui inesperti tendono a sopravvalutarsi, giudicando a torto le proprie abilità superiori alla media. Questa distorsione è attribuita alla incapacità metacognitiva da parte di chi non è esperto in una materia, di riconoscere i propri errori.
Una reale competenza potrebbe al contrario indebolire la fiducia in se stessi, poiché individui competenti sarebbero portati a vedere negli altri un grado di comprensione equivalente al proprio. David Dunning e Justin Kruger della Cornell University hanno tratto la conclusione che: "l'errore di valutazione dell'incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto, mentre quello di chi è altamente competente deriva da un equivoco sul conto degli altri".

“C’è chi crede e chi non crede” (Parte III)


Nelle due riflessioni precedenti (“C’è chi crede e chi non crede” Parte I e Parte II) ho cercato di mostrare alcune ragioni a sostegno delle seguenti tesi:

1) la contrapposizione tra fede e ragione scientifica è del tutto strumentale e funzionale al fondamento del Relativismo.

2) la contrapposizione tra dimensione “metafisica” (o spirituale) e dimensione “materiale” non si fonda su solidi argomenti ma tutt'al più su un "punto di vista" accettato a priori e senza alcuna dimostrazione, anch'esso funzionale al fondamento del Relativismo.

3) il materialismo - ogni forma di materialismo, compreso quello che si pretenderebbe "scientifico" - si basa su una fede e non può porsi come verità incontrovertibile e dimostrata. Che esista la materia è tutto sommato una credenza diffusa e condivisa, ma non per questo dimostrata. 

4) la realtà della dimensione metafisica o spirituale è certa ed è (basti Platone o Cartesio per tutti: cogito ergo sum) pienamente incontrovertibile (mentre al contrario, come si è visto, l'esistenza di un mondo materiale è una mera supposizione).

In questo modo gran parte della comune concezione materialista risulta piuttosto difficile da sostenere.Certezze e dubbi si sono così capovolti. Lo spirito è certo, la dimensione sopra fisica lo è, mentre l'esistenza della materia no.

A questo punto viene il colpo duro, ma anche il più difficile. Non so se sia decisivo, molto dipende dalla capacità di incassare del nostro avversario.

Come tutti ricordano nella storia della filosofia un numeropiuttosto ampio di filosofi sostiene, a titolo diverso e con molteplici argomenti,l'esistenza di Dio.

Tra le diverse prove quella più originale (e a mio giudiziodefinitiva) è stata esibita dal monaco Anselmo d'Aosta.

Anselmo presentò la prova logica dell'esistenza di Dio nel libro intitolato Proslogion ai capitoli 2-4. Siamo nel 1077 circa. Una chicca.

Con le parole di Anselmo:

"Dunque,o Signore, tu che dai l'intelletto della fede, concedimi di intendere, per quanto tu sai es­sere utile, che tu esisti come crediamo, che tu sei quello che crediamo. Ora noi crediamo che tu sia qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore. 2. O forse non esiste qualche natura siffatta, poiché l'insipiente ha detto in cuor suo: Dio non esiste (Sal 14, 1 e 53, 1)?Ma certamente quel medesimo insipiente, quando ode ciò che io dico, cioè qualcosa di cui non può pensarsi nes­suna cosa maggiore, intende ciò che sente dire; e ciò che intende è nel suo intelletto, anche se egli non intende che ciò esiste. 3. Altro infatti è che una cosa esista nell'intelletto e altro intendere che una cosa esista. Infatti quando il pittore premedita ciò che sta per fare, egli lo ha nell'intellet­to, ma non intende ancora che esiste ciò che non ha ancora fatto. Quando poi lo ha dipinto, egli non solo lo ha nell'intelletto, ma intende anche che esiste ciò che ha già fatto. 4. Dunque anche l'insipiente deve convincersi che almeno nell'intelletto esiste qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore, poiché egli lo intende, quandolo sente dire, e tutto ciò che intende esiste nell'intelletto. Ma certamente ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore non può esistere nel solo intelletto. Infatti, se esiste nel solo intelletto, si può pensarlo esistente anche nella realtà e questa allora sarebbe maggiore. 5. Di conseguenza se ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore esiste nel solo intelletto, ciòdi cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore è ciò di cui può pensarsi una cosa maggiore. Questo evidentemente non può essere. Dunque, senza dubbio,qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore esiste sia nell'intelletto sia nella realtà. Capitolo 3. 1. Questa cosa dunque esiste in modo così vero che non si può pensare che non esiste. Infatti si può pensare che esista qualcosa che non si può pensare non esistente; ma questo è mag­giore di ciò che si può pensare non esistente. Dunque, se ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore può essere pensato come non esistente, ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa mag­giore non è ciò di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore. E ciò è contraddittorio. Dunque qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore esiste in modo così vero che non si può pensare non esistente. 2. E questo sei tu, o Signore Dio nostro (...)." (Anselmo d 'Aosta,Proslogion, capp. II-III).

È forse una delle prove più impressionanti, anche dal punto di vista stilistico, oltre che per l’audacia e l’estrema semplicità dell’argomento. Ciò nondimeno è una delle più criticate. Il fatto che dei giganti del pensiero come San Tommaso d'Aquino ed Immanuel Kant non la ritengano valida deve elevare al massimo grado la nostra attenzione, in quanto entrambi questi filosofi devono la loro fama proprio alla quasi totale assenza di sbavature nelle rispettive argomentazioni.

Sia Tommaso che Kant articolano le loro critiche ad Anselmo su un punto che a prima vista può sembrare decisivo: non si può passare arbitrariamente dal piano della logica-metafisica a quello della realtà. Ciò che esiste nel pensiero non esiste necessariamente anche sul piano fisico. [Tra parentesi, prima di entrare nel merito, chiedo al Lettore di tener presente il punto n. 4 che abbiamo appena ricordato poco sopra: la realtà della dimensione metafisica o spirituale è certa ed è (basti Platone o Cartesio per tutti: cogito ergo sum) pienamente incontrovertibile (mentre al contrario, come si è visto, l'esistenza di un mondo materiale è una mera supposizione)].

Immanuel Kant cerca di chiarire la questione nella Critica della Ragion Pura con quella che è da molti considerata una buona confutazione della prova ontologica, fondata sulla tesi secondo cui "l'esistenza non è un predicato reale". Cerchiamo di capire cosa significa con un esempio. Criticando Anselmo, Kant porta come contro esempio il concetto di una moneta da cento talleri (in uso all’epoca). Io posso avere il concetto di una banconota da cento talleri, ma da questo nulla si aggiunge alla sua esistenza o meno: le banconote concepite possono esistere nella mia tasca oppure no, il concetto è identico in entrambi i casi. Questo esempio per Kant vuole spiegare come il fatto che talvolta l’esistenza sia usata grammaticalmente come predicato (come nel caso di Dio esiste, dove “esiste” è usato grammaticalmente come predicato) non comporta che lo si possa combinare come altri predicati per costruire un concetto, in quanto l’esistenza può essere applicata solo "dall’esterno", ovvero con l'esperienza empirica. La copula nel giudizio analitico non può valere essa stessa come predicato: dicendo che "Dio è onnipotente" noi non possiamo dedurre che "Esiste un Dio che è onnipotente". Non possiamo dire che Dio sia esistente, in quanto l’esistenza non è una sua predicabile qualità. L’esistenza è qualcosa che solo in una fase successiva, "sintetica", per restare al lessico kantiano, possiamo aggiungere a questo soggetto. Lo si vede bene nel giudizio analitico a priori: il triangolo ha tre lati (per esempio). Si tratta di un’affermazione nella quale il fatto di avere tre lati non fa che esplicitare analiticamente ciò che è contenuto nel soggetto. Ma conciò non avremo affermato l’esistenza del tale triangolo che dobbiamo descrivere. Lo stesso ragionamento vale per Dio: se noi diciamo che "Dio è onnipotente" , non ne affermiamo l’esistenza reale. A tal proposito, come si è visto visto, Kant riporta l’esempio della moneta da cento talleri, che certamente nella sua identità è qualcosa di chiaramente pensabile,numericamente ineccepibile, ma nella sua effettiva realtà sarà esperibile solo attraverso la posizione stessa della cosa, la sintesi con l’esperienza e con l’intuizione sensibile. I cento talleri pensati dalla mia mente o i cento talleri che effettivamente posso possedere, da un punto di vista di definizione della cosa, sono esattamente identici, eppure l’esistenza è qualcosa di diverso. Lo stesso vale per Dio: Dio non fa eccezione rispetto a qualsiasi altro ente relativamente all’esistenza. Anche la sua esistenza non è un predicato, ma un’esistenza che può essere colta attraverso un intuizione sensibile. Ma Dio è per Kant un’idea della ragione, che sfugge a qualsiasi sensibilità, dunque la sua esistenza non è sintetizzabile. Dio non è quindi conoscibile.

Occorrerebbe già da ora chiedersi se "conoscere" sia logicamente equivalente a "dimostrare l'esistenza", ma per ora andiamo avanti. In sostanza - per Kant - la prova di Sant'Anselmo non avrebbe validità per via del fatto che i concetti di cui si serve sono, quanto alla loro materia, "vuoti", non come direbbe Kant: ad essi non corrisponde alcun contenuto esperienziale. Al concetto di questo “Essere Assoluto” proposto da Anselmo non corrisponde infatti alcuna esperienza sensibile possibile (E ci mancherebbe, direi come inciso fin d'ora). Senza dimenticare che essa si serve di procedimenti puramente logici e per Kant la logica non può essere utilizzata come organo per produrre conoscenza positiva.
E questo a sua volta deriva dalla definizione che Kant vuole dare della logica, ovvero come dottrina che si propone esclusivamente lo studio delle leggi formali del pensiero, ma non ci si può servire di queste leggi per affermare qualcosa di concreto se prima non ci si accerta , attraverso fonti extralogiche (l'esperienza sensibile, in questo caso), del contenuto di questa conoscenza.
In altre parole la prova ontologica presume, secondo Kant,di poter pervenire dalla semplice idea di qualcosa alla sua esistenza reale,prescindendo dal dato di esperienza.

Concludendo, la dimostrazione di Anselmo non sarebbe valida.



Ora, prima di proseguire vorrei ricordare al Lettore che la dimostrazione è una serie di ragionamenti logici che, partendo da una ipotesi,porta necessariamente a una tesi valida. Una dimostrazione consiste nel verificare, nel senso di mostrarne la ragionevole verità, un predicato, una frase. In logica matematica si dice "dimostrazione" una successione finita di asserzioni che o sono assiomi o sono ottenute da asserzioni precedenti nella successione mediante l'applicazione del "modus ponens". Per dimostrazione di una asserzione si intende una successione finita costruita in modo tale che l'ultima affermazione della sequenza sia proprio quella che si vuole affermare. Detto in altri termini, la dimostrazione consiste in «una catena di deduzioni attraverso le quali la verità della proposizione che deve essere dimostrata viene derivata dagli assiomi e da proposizioni precedentemente dimostrate».

Torniamo alla dimostrazione di Anselmo. Abbiamo visto come in sostanza la critica di Kant si basi sulla negazione che sia possibile passare da “un piano logico” a “un piano sensibile” in mancanza di una corrispondente esperienza sensibile. Eppure entrambi i piani sono reali, in quanto esistenti (anche se in modi diversi).

Abbiamo già visto che tale distinzione dà per scontata l'esistenza di un mondo materiale-sensibile separato da quello metafisico-spirituale, inoltre tiene ferma l'idea che l'ambito materiale è certamente conoscibile, mentre quello metafisico - spirituale non lo è. Lo slittamento dal termine logico al termine spirituale non può costituire un problema, una volta ammesso che gli enti logici, matematici, etc. debbano pur avere una qualche forma di esistenza. Posto che tale forma di esistenza non sia - come è evidente - quella fisica, non resta che indicare appunto l'altro piano, quello metafisico. Si ritorna ai punti precedentemente discussi: non esiste solo il piano fenomenico-sensibile, ci sono necessariamente altri piani dell’essere (quello degli enti matematici e così via), etc. etc.
Da questo punto di vista appare inoltre piuttosto curioso pretendere che l'esistenza di Dio si collochi sul piano delle esperienze fisiche, come sembrerebbe indicare Kant. Posto che Dio sia l’Assoluto, come può essere immediatamente oggetto dell’esperienza umana? Questa sì che sarebbe una bella contraddizione. E – vorrei sottolinearlo - un conto è affermare che Dio non può essere conosciuto come oggetto chiaro e distinto del pensiero, oppure - com'è ancora più ovvio - che non possa essere colto sul piano delle esperienze sensibili, ben altro discorso è invece affermare che la sua esistenza non è dimostrabile (in quanto non è un ente di cui è possibile fare esperienza nel mondo naturale). Io non vedo la relazione o l’interdipendenza tra i due aspetti.
I cento talleri pensati dalla mia mente o i cento talleri che effettivamente posso possedere, da un punto di vista di definizione della cosa, sono esattamente identici, eppure l’esistenza è “qualcosa di diverso”,dice Kant. “Qualcosa in più”, diremmo noi. (ID QUO MAIUS COGITARI NON POTEST, diceva Anselmo, riferendosi non ad una moneta in tasca o ad un'isola perfettissima, come aveva già fatto notare al monaco Gaunilone, ma all'Assoluto, che in quanto tale sarebbe contraddittorio pensare come non-esistente)
L’essere di Kant (ma su questa scia si era già posto almeno in parte anche Tommaso) assume un valore ridotto, snaturato, ristretto all'ambito dei fenomeni sensibili. Peccato che ogni giorno noi facciamo esperienza di altri livelli di essere, direttamente o indirettamente. Lo stesso Kant, d’altra parte, ha fatto ampio riferimento a concetti che appartengono ad un livello non certo sensibile (si pensi, per esempio all’unità sintetica originaria della percezione) o addirittura a postulati (Critica della Ragion Pratica).

La critica di Kant, in sintesi, non mi pare per nulla convincente.

È precisamente a questo punto che possiamo ricollegarci alle“prove a posteriori” ed in particolare a quelle “cinque vie” che suggeriva SanTommaso D'Aquino. Posto che il mondo sensibile non sia né garantito, né dimostrato, né l’unico modo in cui l’Essere si manifesta, credo che il passaggio dal mondo della nostra esperienza sensibile ad un livello ontologico superiore,che possiamo definire "metafisico" appaia ora un po’ più coerente e difficile da scalfire nel dibattito con l’ateo di turno.

Il sonno del Nulla

Il Nemico è troppo astuto, non puoi farcela da solo.
Egli sa perfettamente dove condurti, a piccoli passi.
Poiché quello è il suo mondo.
Le vie d'accesso sono molte, ma tutte hanno lo stesso nome.
Il loro nome è "orgoglio", e brilla lucente come l'oro bianco.
Ti convince che puoi fare da solo.
Che puoi bastare a te stesso.
Che il valore sta dentro di te: che puoi creare nuovi valori.
Egli ti seduce, poco alla volta.
Con argomenti sottili, irresistibili: la bellezza, la libertà.
Il piacere.
La forza del piacere profondo, quello che travolge.
E ti rende un assetato.
Assetato di ciò che non disseta mai.
Ed è così che a poco a poco
lentamente
ti toglie ogni forza.
Ti addormenta.
Ti conduce in un sonno dolcissimo,
dal quale non vorrestisvegliarti mai più.
E' il sonno del Nulla - poiché si dorme da svegli.
Ecco: io vengo da questo Nulla.
Vi auguro, se proprio volete, di conoscere questo Nulla.
Fino in fondo.
Senza paura, senza pudore.
Allora, al risveglio, conoscerete tutte le cose
per quello che sono.
Non dico che sarete migliori.
Io non sono migliore di quando dormivo.
Tranne per il fatto che ora sono stato risvegliato.
Ed è stata proprio la conoscenza del Nulla
- il sonno profondo -
a farmi pregare di essere risvegliato.
Non mi sono svegliato da solo:
la Grazia opera per vie che tu non conosci.

[Ontologismi IV, Gennaio 2011]

Chi mi dominerà?


Non confidare nelle tue ricchezze e non dire: «Basto a me stesso». Non
seguire il tuo istinto e la tua forza, assecondando le passioni del tuo
cuore. Non dire: «Chi mi dominerà?», perché il Signore senza dubbio farà
giustizia. Non dire: «Ho peccato, e che cosa mi è successo?», perché il
Signore è paziente. Non essere troppo sicuro del perdono tanto da
aggiungere peccato a peccato. Non dire: «La sua compassione è grande; mi
perdonerà i molti peccati», perché presso di lui c'è misericordia e ira,
e il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Non aspettare a convertirti
al Signore e non rimandare di giorno in giorno, perché improvvisa
scoppierà l'ira del Signore e al tempo del castigo sarai annientato. Non
confidare in ricchezze ingiuste: non ti gioveranno nel giorno della
sventura. Non ventilare il grano a ogni vento e non camminare su
qualsiasi sentiero: così fa il peccatore che è bugiardo. Sii costante
nelle tue convinzioni, e una sola sia la tua parola.
Parola di Dio.

(Sir 5,1-10)

Fede nel Relativismo?

"Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare
come l'unico atteggiamento all'altezza dei tempi odierni. Si
va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le
sue voglie".

(J. Ratzinger, Omelia del 18 aprile 2005 )

Chi ama la Vita

"Chi ama la sapienza ama la vita, chi la cerca di buon mattino sarà ricolmo di gioia. Chi la possiede erediterà la gloria; dovunque vada, il Signore lo benedirà. Chi la venera rende culto a Dio, che è il Santo, e il Signore ama coloro che la amano. Chi l'ascolta giudicherà le nazioni, chi le presta attenzione vivrà tranquillo. Chi confida in lei l'avrà in eredità, i suoi discendenti ne conserveranno il possesso. Dapprima lo condurrà per vie tortuose, lo scruterà attentamente, gli incuterà timore e paura, lo tormenterà con la sua disciplina, finché possa fidarsi di lui e lo abbia provato con i suoi decreti; ma poi lo ricondurrà su una via diritta e lo allieterà, gli manifesterà i propri segreti e lo arricchirà di scienza e di retta conoscenza".

(Sir 4,12-22)

Solo dopo il nulla (Eretici)

Fino a che non vedremo lo sfondo di tenebra, non possiamo ammirare la luce anche di una sola cosa creata. Non appena vedremo quella tenebra, tutta la luce brillerà fulminea, improvvisa, accecante e divina. Fino a che non ci dipingiamo l’assenza, noi svalutiamo la vittoria di Dio e non possiamo apprezzare nessuno dei trofei della Sua antica guerra. Si tratta di uno dei milioni di folli scherzi giocati dalla verità, il fatto che noi non conosciamo nulla, fino a che non conosceremo il nulla.

(GKC, Eretici, IV)

“C’è chi crede e chi non crede” (Parte II)


Nella precedente riflessione “C’è chi crede e chi non crede” (Parte I) ho cercato di mostrare come la fede sia un atteggiamento costitutivo dell’essere umano. Per sostenere questa tesi ho indicato sommariamente come molte delle nostre quotidiane certezze non siano in realtà che inconsci atti di fede. Tra queste, per esempio, troviamo la Storia e l’idea comunemente accettata secondo la quale il mondo esterno è materiale.
Non credo che ci sia bisogno di sottolineare come questo discorso sia volto a mostrare l’inconsistenza di alcuni atteggiamenti che cercano di contrapporre la fede alla visione razionale e scientifica del mondo. Sottolineo invece che sto ancora parlando di fede in generale e non ancora parlando della fede in Gesù Cristo per alcuni precisi motivi che vorrei discutere in seguito.
Torniamo per un attimo alla mentalità comune oggi largamente dominante. A me pare, come dicevo, che essa voglia minare la credibilità stessa della fede contrapponendola alla ragione scientifica. Ed in questo tentativo la mentalità comune oggi dominante ha senz’altro buon gioco in quanto – sempre per la mentalità comune – la fede, ovvero tutte le fedi, sembrano fonte di divisioni, discriminazioni, guerre, regresso della civiltà ad una fase medievale oscurantista, mentre al contrario il progresso scientifico avanza inarrestabile in tutto il pianeta portando ovunque risultati tangibili, di cui tutti possiamo godere (nel senso però di “consumare” – ma anche su questo punto rimando ad una discussione che vorrei proporre più avanti).
Un mio caro amico, pugile giovane e promettente, mi spiegava durante i nostri allenamenti che nel pugilato non bisogna mai concedere nulla all’avversario. Mi diceva queste cose e poi me le suonava di santa ragione: un solo pugno in più, spiegava, poteva essere quello decisivo. Allora frequentavo l’Università e ho visto subito la coerenza perfetta con la scienza dell’argomentazione: anche nella discussione filosofica non dobbiamo mai concedere nulla agli avversari.

Ora, a mio modo di vedere, nell’incontro di pugilato con quel temibile avversario che è l’ateismo, dobbiamo tenere presente un colpo piuttosto temibile, ovvero un altro atteggiamento di fondo, che è tanto più pericoloso quanto seducente e capillarmente diffuso. Esso è – come ha magistralmente spiegato Benedetto XVI – il Relativismo.
A me pare che non possiamo ingaggiare un duello soddisfacente con il Relativismo se non teniamo presente che esso si fonda sul materialismo ed è a questa corrente di pensiero perfettamente correlato. 
Relativismo e materialismo sono l'uno-due, il sinistro-destro dell'ateo.

Il Relativismo, per sprigionare la sua forza distruttiva di valori e di verità, ha infatti costantemente bisogno di affermare che l’unica realtà, la vera e sol realtà, è quella fisico-materiale. Solo se non esiste – o risulta del tutto opinabile – un ulteriore livello metafisico, infatti, l’uomo non è più chiamato a confrontarsi con una Verità superiore, alla quale faticosamente e responsabilmente adeguarsi.

Il Relativismo afferma che non esiste una verità assoluta, men che meno, ovviamente, con una "V" maiuscola. L’evidenza della sua contraddizione logica è ben nota in filosofia, basta aver letto Platone o Husserl, giusto per fare due nomi di giganti del pensiero. Ma nel clima odierno, per la comune sensibilità relativista, ogni contraddizione logica è in fondo poco importante, mai decisiva per valutare la validità di un argomento. Anche l’errore è in fondo un po’ relativo, così come il corretto e il vero in assoluto, appunto, non esistono. Discuteremo più avanti quest’assurdità, limitandoci a ripetere le critiche decisive che già sono state mosse al Relativismo sul piano filosofico, ma che, ahimè, oggi sembrano per lo più dimenticate.
Per forza. Il Relativismo è molto comodo. A questo deve la sua straordinaria, capillare diffusione.

Ha però dei punti deboli. Il Relativismo ha per esempio bisogno di sostenere che l’unica realtà è quella materiale. Ecco allora che è fatalmente destinato a saldarsi con i materialismo e con l’esito finale di ogni atteggiamento scettico: il sostanziale ateismo.
Se l’unica realtà è quella materiale non siamo più chiamati ad adeguarci ad una Verità superiore, ma, al contrario, possiamo starcene tranquilli nelle nostre contraddizioni, chiusi senza apertura alcuna al Trascendente, in un mondo in cui l’unica verità è quella del divenire universale. Un divenire universale che travolge tutto, la stessa idea di verità, dove l’unica regola del tutto è Polemos, la guerra dei contrari,l’eterna dialettica degli opposti (equivalenti) di cui parlava il grande filosofo Eraclito.

A mio parere la messa in dubbio dell’esistenza della materia è per l’atteggiamento religioso un punto molto vantaggioso. L’alternativa di fondo è infatti tra materialismo e spiritualismo: per il Relativista-materialista l’esistenza di Dio è inutile perché la materia stessa diventa la causa di tutte le cose e di tutte le idee che sono in noi. Si negherebbero di conseguenza ogni disegno provvidenziale, ogni libertà e intelligenza nella creazione del mondo, l’immortalità dell’anima, etc.
L’esistenza della materia è il principale fondamento dell’ateismo. 
Esattamente come nel pugilato: al primo colpo alla madibola, le gambe si fanno pesanti.
Tuuta la spavalderia baldanzosa con cui si indicava il presunto mondo materiale come dato ovvio e certo di ogni materialismo, viene di colpo a tacere.
Il bello è che una volta messa in crisi l’idea dell’esistenza ovvia e scontata del mondo materiale, come alternativa razionale per spiegare l’origine, l’ordine e la bellezza del mondo, non resta che Dio.
Naturalmente si tratta di un’ipotesi poco intuitiva, ma non per questa facilissima da smontare: anzi, io credo impossibile. Ora non m’interessa qui spingere l’argomento fino in fondo, ovvero fino alla radicale negazione dell’esistenza della materia. Credo che sia possibile farlo, è già stato fatto a mio giudizio con grande chiarezza dal vescovo George Berkeley, ma - anche se ci sarebbero ragioni più che buone per arrivare alle estreme conseguenze - in realtà trovo più conveniente mostrare che l’esistenza del mondo materiale è oggetto di fede mentre d’altra parte è assolutamente certa l’esistenza di un mondo “super” fisico, o “meta” fisico o – più semplicemente – spirituale che è facilmente, direttamente ed immediatamente conoscibile da ciascuno di noi.

Lo spirito, non la materia, è per noi la realtà indiscutibile. Si capovolge così la posizione del materialista e nello stesso tempo vengono piuttosto scosse le fondamenta dell’atteggiamento relativista: esiste un ordine di verità che non sono affatto “prodotte” o “dipendenti” dalla mente umana. Quest’ordine di realtà “super” fisica o “meta” fisica – lo si chiami come si vuole – dimostra che la realtà (presunta) materiale non è certamente l’unico ordine o livello della realtà.
Esiste senz’altro un mondo che si manifesta come “materiale” (ovvero: che così viene percepito dalla nostra sensibilità), ma di questo mondo noi non sappiamo dire assolutamente nulla, né se sia così come viene percepito oppure sia diverso etc. Eppure, in questo suo manifestarsi, il mondo risveglia in noi la coscienza di un altro mondo, concettuale, spirituale, metafisico, chiamatelo come volete, ma non per questo meno reale del precedente. 
Anzi: a questo punto le certezze si sono rovesciate e ciò che prima pareva ingenuamente del tutto sicuro ora è oggetto di dubbio radicale, e viceversa.
Gli oggetti logici, gli oggetti della matematica, le classi di proposizioni vere che conosciamo, e chissà quant’altro, appartengono a questo mondo, a questo differente livello di realtà rispetto al mondo fisico presunto materiale.
con questo abbiamo mostrato che l’essere non è popolato delle sole cose che “appaiono” ai nostri sensi. Esistono, in altre parole, diversi gradi, ordini o livelli di essere. Detto questo, la mia riflessione si allontana ancora un po’ dall’Aquinate anche se – ci tengo ad anticiparlo, soprattutto per gi specialisti della materia – sono convinto che alla fine sarà del tutto coerente con il magistero tomista.

Precedenze (Ontologismi IV)

Prima credere, poi capire. E se non riesce di capire, fa niente: l'importante è aver creduto.


Ontologismi IV

Atto di fede (Ontologismi IV)

Contraddizioni di chi si professa ateo materialista, libero da ogni fede, quando l'esistenza stessa del mondo "materiale" è il primo di tanti atti di fede che noi tutti facciamo. Che ne siamo consapevoli o meno.

(Ontologismi IV)

Immigrazione (Benedetto XVI)

Benedetto XVI: “La soluzione fondamentale è che non ci sia più bisogno di emigrare, perché ci sono in Patria posti di lavoro sufficienti, un tessuto sociale sufficiente, così che nessuno abbia più bisogno di emigrare”.

(Intervista concessa dal Santo Padre ai giornalisti durante il volo negli Stati Uniti d’America del 15 aprile 2008).

Le preghiere più belle (Ontologismi IV)

È sabato sera. Alla cassa del supermercato davanti a me ci sono tre ragazzi. Stanno contando le monetine per pagare il conto. Sono belli come il sole,16-17 anni al massimo. Hanno preso una bottiglia di whisky una di Pampero, un pacchetto di patatine una bottiglia di vino bianco.
Ho pregato per loro, lì, in coda alla cassa, per la loro felicità.
E stato come se li conoscessi da sempre.


Ontologismi IV

Ontologismo... (Definizione)

"Ontologismo": Tendenza a dare, nella formulazione dei problemi speculativi, importanza determinante al punto di vista ontologico. Quindi o è, in genere, una filosofia che faccia idealmente precedere la cognizione dell’oggetto alla cognizione del soggetto, o ponga la conoscenza del puro essere come prima condizione per la conoscenza di ogni altro particolare, o sostenga che la mente umana ha una conoscenza intuitiva e immediata dell’Essere assoluto. In questo ultimo senso il termine è stato usato a proposito di Malebranche per la sua dottrina della visione in Dio e soprattutto a designare il sistema filosofico di Gioberti, il quale, contro lo «psicologismo» di Rosmini, pone appunto come principio della filosofia la conoscenza di quell’assoluto «Ente», che crea il  particolare «esistente». Nella filosofia novecentesca ha assunto il nome di o. critico la dottrina di Carabellese, che, muovendo dal criticismo kantiano, tende appunto a una concezione ontologica dell’essere e dell’oggetto. Va ricordato che, soprattutto nel 19° sec., l’o. è stato oggetto anche di controversie teologiche, in quanto in esso si volle vedere una razionalizzazione del mistero della natura di Dio, o in quanto parve che l’o., introducendo una conoscenza diretta di Dio (per la teologia cattolica possibile solo nella visione beatifica), pregiudicasse la distinzione di ordine naturale e ordine soprannaturale. (Dizionario Treccani)

Dove osano le idee (Ont. IV)

Le vere idee le riconosci subito.
Osano.
Non invecchiano.
Danno Luce.
Sorreggono.
Resistono.


Ontologismi IV

Sull'esistenza del mondo (Ont. IV)

Ancora oggi non smetto di stupirmi di quanti diano per scontata e assolutamente dimostrata (da chi, poi?) l'esistenza del mondo materiale. Mettono questa presunta certezza come presupposto in ogni ragionamento e non s'accorgono della fallacia a priori che invalida tutta la catena. Sarò rimasto indietro, avrò capito poco, ma ciò di cui siamo assolutamente certi è l'esistenza del pensiero, non della materia. Mentre l'esistenza dell'intero mondo materiale è oggetto di fede, la dimensione dello spirito è evidente, certa e perfettamente dimostrata.

(Ontologismi IV)

Cambio di prospettiva (Ont. IV)

In genere, direi che è il punto di partenza di tutto il discorso ad essere problematico. Si mette acriticamente in discussione l'idea che esistano più modi d'essere (non solo quello fisico) e una volt accettata quest'ipotesi indimostrata è difficile venirne fuori. Si parte in genere da un'accettazione acritica dell'equazione "realtà" = "mondo fisico". Quest'equazione appare non solo del tutto indimostrata ma anche fuorviante, in quanto comporta una riduzione indebita del piano dell'essere ad una sola delle sue manifestazioni (quella materiale mentre invece l'unica realtà dimostrabile non è quella della "materia" bensì quella delle rappresentazioni mentali e quindi del pensiero in quanto tale), il che è palesemente contraddittorio. Il ragionamento che stiamo facendo, per esempio, è immateriale, inesteso, per dirla alla Cartesio.
Io propongo un cambio di prospettiva. Si deve partire dal versante opposto: ciò che per noi è "reale" e perfettamente dimostrabile è il piano del pensiero, non quello del mondo fisico-materiale.Se mi è consentito ripetere la disgiunzione radicale di Parmenide, l'essere è, il non-essere non è. su questo immagino che saremo tutti d'accordo. Ciò che appare, in quanto e nella misura che appare, è essere, almeno sotto forma di rappresentazione mentale. Ovvero: il pensiero è senz'altro essere (Cartesio). Dunque esiste non solo l'essere "fisico" (esteso).

Ontologismi IV

L'attaccamento (D. W. Winnicott)

Il rapporto di attaccamento dei primi mesi è alla base dello sviluppo cognitivo infantile e concorrerà a determinare le interazioni sociali e le relazioni emotive dell’età successiva.

(D. W. Winnicott)

Educazione sessuale (F. Hadjadj)

"(...) oggi ci sono due modalità di praticare l’educazione sessuale fra loro opposte, ma entrambe sbagliate. La prima è la presentazione della sessualità secondo una modalità tecnica, centrata sui temi del rischio per la salute e della pianificazione familiare, per cui nei licei si dice: “Guardate che attraverso il sesso si
trasmettono malattie e si possono verificare gravidanze”. La gravidanza è messa da subito sullo stesso piano delle malattie a trasmissione sessuale, e perciò si consiglia il preservativo. Il dono della vita è messo sullo stesso piano di una minaccia di morte, è visto come una malattia. Di conseguenza l’educazione
sessuale consiste nello spiegare come si applica un preservativo, come si prende la pillola anticoncezionale o la pillola del giorno dopo, eccetera. Ma questa non più è sessualità, è qualcosa dell’ordine di una masturbazione con partner, di una masturbazione assistita. L’uomo è intrappolato dentro al suo stesso piacere, non incontra nessuno, non è in una relazione sessuale che presuppone l’apertura dell’uomo a una donna che desidera a tal punto che gli pare di vedere in lei la strada della sua vita. La sessualità è ridotta a un atto consumistico che deve essere gestito secondo una modalità tecnica.
Dicendo ai ragazzi: “Fate quel che volete, però proteggetevi”, si trasmette l’idea che il cuore della sessualità non è l’incontro, l’unione, la comunione, ma la preservazione. Infatti la parola ultima è: preservativo.
Dunque da una parte abbiamo il tecnicismo, dall’altra il moralismo, ed entrambi sono inefficaci nell’educare i giovani. I quali, quando gli si dice: “Facendo sesso proteggetevi”, tendono a rispondere: “Sì, ma se tanto devo morire e dopo non c’è nulla, perché devo proteggermi? Che cos’è questo aggeggio da buon piccolo borghese, per preservarsi? Dobbiamo morire! Che ci importa dell’avvenire? Tanto vale andare al massimo, bere, ubriacarsi, farsi tante donne. Mi dite che l’Aids uccide, ma io sono comunque destinato a perire, e allora perché dovrei stare nei ranghi?”. Quando gli adolescenti reagiscono al tecnicismo e al moralismo in questo modo, sono in realtà più profondi degli adulti. Dietro una rivolta come questa, anche quando non è esplicitata, ci sono una profondità e un’esigenza di senso che né il tecnicismo né il moralismo possono dare». (...)
Il cattolico, invece, è il vero edonista. Ha la sua donna e va fino in fondo. Non passa tutto il tempo a chiedersi: “Oh, cosa succederà adesso? Che rischio sto correndo?”. E se il seme che ha immesso nella donna gli torna indietro sotto forma del viso di un figlio, la gioia è ancora più grande. Il piacere sessuale non sta solo nell’atto carnale, è anche la gioia di vedere il volto del proprio figlio: è piacere sessuale anche quello. L’atto carnale ha un’intensità di piacere molto forte e molto breve, poi c’è una caduta, tutta l’esperienza lo dice. Ma la gioia per l’arrivo di un figlio è un piacere che non si spegne".

(Fabrice Hadjadj)

Fede Necessaria (Ontologismi IV)

L'atto di fede è originario e primitivo.
Costitutivo dell'uomo.
Crede anche l'ateo. E perfino
l'agnosticismo è una forma di fede.
Credere di non credere è la posizione inconscia di massa.


Ontologismi IV

Senso (Ontologismi IV)

Come può un discorso sensato negare che ci sia un Senso?

Ontologismi IV

I piani della solitudine (Ontologismi IV)

Mi stavo costruendo un mondo tutto mio. Dove stare bene, tutti gli altri fuori, in perfetta solitudine.
Meno male che sei arrivato Tu, a rompere tutti i miei piani, a far saltare i miei schemi.
Da solo, ci stavo morendo dentro.

Ontologismi IV

Ordine e libertà

La libertà autentica si basa necessariamente su un ordine, anzi si esprime attraverso il concetto stesso di ordine: senza il concetto di ordine non abbiamo alcuna libertà perchè lo spazio preteso dal singolo si espande senza limiti andando ad invadere quello del vicino. Senza ordine la libertà diventa quindi arbitrio e da arbitrio diventa presto sopruso.


Ontologismi IV

Come si guarda un Duomo

Gli errori di valutazione - e quindi delle argomentazioni che seguono - sono spesso dovuti alle prospettive che abbiamo. Attenzione: non sto dicendo che tutte le prospettive si equivalgono. L'assunzione una determinata prospettiva implica il poter vedere o meno certuni aspetti piuttosto che altri, sui quali fondare poi il proprio argomento in merito. Se voglio argomentare sul valore estetico del Duomo di Fidenza (Benedetto Antelami) non posso mettermi lì ad un palmo di naso dalla porta d'ingresso, oppure a 1500 mt di distanza. La prospettiva che assumo mi impedisce di vedere adeguatamente l'oggetto di cui voglio parlare. C'è quindi un errore che precede quelli tipici dell'argomentazione, ed è la prospettiva che si assume in ordine alla questione.
Insomma: c'è un'intelligenza della prospettiva.

Ontologismi IV

Felicità?

"Cosa si può fare quando si è felici?
Aspirare alla serenità".

Ontologismi IV

Non ho tempo (ho un sogno da finire)

Scusate, non ho tempo.
Vado, che ho un vecchio sogno da finire.


Ontologismi IV

Devo imparare (Theodore Isaac Rubin)

Devo imparare a voler bene allo stupido che è in me: quello che è troppo sensibile, che parla troppo, corre troppi rischi, qualche volta vince e troppo spesso perde, che non ha autocontrollo, che ama e odia, fa male e si fa male, promette e non mantiene le promesse, ride e piange. Solo lui mi protegge da quel tiranno autoritario e sempre troppo equilibrato che vive in me.

Theodore Isaac Rubin

La scelta non s'improvvisa (Una volta mi hai detto...) - Ontologismi IV

La scelta non s'improvvisa.
Una volta mi hai detto: "Non so come fai ad esser così".
Così come? Tener insieme cinque vite in una?
Ho fatto e sperimentato tutto
finchè ho potuto.
Mi stavo preparando,
amica mia.
Sapevo che averi dovuto
prima o poi
scegliere.

Ontologismi IV

Flatus vocis (così ho sognato) - Ontologismi IV

Flatus vocis.
È così che ho sognato di nuovo che eravamo in un mondo di muti. Nessuno poteva parlare, voci umane non potevano farsi sentire e solo quelli intonati erano autorizzati a cantare. Che bel mondo che ho sognato: fatto di lentezza e sguardi che significano qualcosa.
Nessun alterco, nessuna voce stridula, nessuna cagata che offende il cervello dalla Tv.
Anche "Ti amo" potevi solo dirlo coi gesti, o scriverlo bene, a freddo.
Altrimenti, come tutto il resto, non valeva un cazzo.


Ontologismi IV

Tutto (si muove) - Ontologismi IV

Intanto tutto si muove - col suo ritmo - là fuori.
E tutto va - esattamente come dovrebbe andare.

Ontologismi IV

Me lo sono dovuto dare da solo - Ontologismi IV

Me lo sono dovuto dare io. Costruirmelo da solo. Con amore e pazienza. Perchè alla nascita non mi è stato dato. Nè ho mai sentito nulla. Anche oggi, se non mi fermo a pensarci, non sento nulla. Ho creduto che fosse una patente di libertà, ho fatto altre ipotesi.
Comunque non l'ho mai sentito, se non dopo essermelo dato da solo. Chissà com'è - cos'è - per gli altri.
Me lo sono sempre chiesto.
Chissà cos'è il senso di colpa.


Ontologismi IV

Passano su di noi - Ontologismi IV

Passano su di noi nuvole, stelle, pianeti. Un tempo che nessuno ha mai spiegato è lì - come se ci fosse - a dirci che è vero.
Io voglio muovermi d'ora in poi come loro. Con calma uniforme, sapendo dove devo andare.
Il mio mondo è tutto dentro di me.
Non ho più fretta.


Ontologismi IV

La grazia delle lacrime (Francesco)

"Possiamo anche noi domandare al Signore la grazia delle lacrime. E’ una bella grazia.
Piangere per tutto: per il bene, per i nostri peccati, per le grazie, per la gioia, anche. Il pianto ci prepara a vedere Gesù. E il Signore ci dia la grazia, a tutti noi, di poter dire con la nostra vita: "Ho visto il Signore", non perché mi è apparso, ma perché "l’ho visto dentro al cuore". E questa è la testimonianza della nostra vita:
"Vivo così perché ho visto il Signore".



Papa Francesco, 02/04/13

A che servirebbe? (Ricordare tutto) - Ontologismi IV

Ricordo il giorno, la febbre alta, l'inverno, i suoni e i profumi della mansarda, il frigorifero vuoto.
Ricordo la lista, scritta in un'ora, con rabbia e godimento al tempo stesso.
Ricordo che già allora, undici anni ieri, volevo dire a ciascuna: mi dispiace. 172 volte.
A lei no - a lei che mi ha ripagato con la stessa moneta: a te no di certo.
Non sarebbe servito.
A che serve scusarsi?
Chissà in quante saranno poi state migliori, dopo di me.
Avranno guardato al nano che sono stato con un sorriso - capaci di sopravvivere al dolore, consapevoli della forza naturale che ogni donna possiede.
Chissà.
Chissà in quante oggi sono felici.
Io lo sono, sorelle, figlie, madri mie.
E anche se non serve dirlo lo stesso:
mi spiace.
Non ero ancora io.



Ontologismi IV

I miei ricordi (al banco dei pegni)

Ho i ricordi al banco dei pegni.
Pian piano li sto riscattando tutti.
Che fatica.

Ontologismi IV

Impotenza. (La scuola mi delude)

La scuola mi delude ogni giorno di più. La stupidità, l'insensibilità, la mancanza di passione e di bellezza di chi ci lavora mi deprimono con costanza alienante. In fondo il mio reagire nei modi meno opportuni a quello che vedo è solo un inconscio desiderio di uscire da questo logorante stato d'impotenza.


Ontologismi IV

Chissà come sei, a occhi chiusi.

Chissà come sei, a occhi chiusi.
Se è lento, il tuo respiro.
Se ci sono i piccoli rumori di casa - o se tutto tace, mentre nelle campagna si sentono canzoni nella nebbia.
Chissà se sogni ancora un mare nero e non invece i pianeti in un cielo di stelle.
Si muovono silenziosamente, si rincorrono senza raggiungersi mai.
Se dovessero farlo, si brucerebbero.


Ontologismi IV


(Aprile 2008)

Sognare - Ontologismi IV

Stasera il Vangelo era uno dei più belli in assoluto (Luca 1,39-45) . Giovanni sussulta di gioia nel ventre di sua madre quando
sente che il Salvatore si avvicina. Un bambino in posizione fetale che sogna e sorride. Così vorrei essere io. È una sensibilità importante. Fondamentale. In
quei bozzoli eterni che eravamo prima di venire alla luce forse avevamo questa sensibilità, che ora abbiamo smarrito.
Sognavamo, ecco cosa facevamo. Sogniamo quindi, senza paura: immaginiamo.
Alziamoci al di sopra di quello che si vede. C'è una realtà più vera di quella che crediamo di vedere.

Ontologismi IV

I pensieri della notte - Ontologismi IV

Preferisco i pensieri della notte. Contrariamente a quello che si pensa è di notte che appare più chiaro il filo logico delle cose. Il silenzio, dentro e fuori, è l'alleato migliore per la battaglia quotidiana contro la stupidità, la volgarità chic dei finti maestri di moda, di stile o addirittura di pensiero, contro il perbenismo,  il fanatismo, la malvagità e, soprattutto, la meschinità di chi ti circonda. Solo una cosa atterrisce più della mancanza d'ironia del mondo là fuori: l'invidia. Malcelata, arrogante, acida. Propria di chi è stato ai Caraibi o al polo Nord ma è del tutto inutile perché del mondo non sa vedere nulla. Ecco, più che altro non riesce a mettersi in pace. Una preghiera in più,  anche per loro: ecco il massimo che posso fare.


Ontologismi IV

L'ironia più bella


L'ironia più bella è quella che fa ridere solo te.

Ontologismi IV

Dimentica

Nihil sub sole... Dove il nuovo giorno è già arrivato, dicono, non è successo niente di nuovo. Ma ti prego lo stesso, Signore.
Domani fa' cadere una pioggia planetaria. Lo so, meteoriti infuocate ci vorrebbero.
Hai ragione.
Su ognuno di noi, lo so.
Invece, facci piovere in testa un po' d'intelligenza e di buon cuore.
Faccela piovere dentro, a tutti, un po' della Tua Parola che salva.
Anche se non vogliamo.
Per una volta, smettila di lasciarci fare.
Dimentica la nostra libertà.
Fregatene, della nostra volontà.
Che tanto si è visto dove ci hanno portato, la nostra libertà e la nostra volontà...


Ontologismi IV

Capita anche a te?


Capita anche a te, di voler ricominciare?
Capita anche a te, di voler cancellare tutto il passato, trattenendo solo il buono e chi ti ha dato amore?
Di voler andar via, di cambiare colore dei capelli, nome, targa dell'auto?
Capita anche a te di sperare che un giorno sarai migliore di così?
Di voler dimenticare tutto,
tutto quello che è stato,
tutto il male
che ancora fa male?
Dimmi: capita anche a te?
A me no.


Ontologismi IV