Aborto e nichilismo

La difesa e la pratica dell'aborto è la forma estrema del nichilismo, in una delle sue più evidenti manifestazioni.
Con la soppressione della vita umana - al suo momento maggiormente indifeso - cerchiamo di esorcizzare la paura del divenire: del divenire del quale siamo spettatori meravigliati, del quale abbiamo la massima responsabilità dal quale nasce in noi quella paura di fallire che paralizza. Quel divenire che ci interroga radicalmente e ci chiama in causa, prima di tutto come domanda radicale sul senso del nostro stesso divenire, del nostro stesso essere. Uccidere il piccolo dell'uomo quand'è più indifeso, nel luogo dell'accoglienza assoluta che è il perfetto utero materno, significa raccontarci la menzogna suprema: che abbiamo un dominio tecnico sul divenire, che possiamo vincere la morte, decidendo chi deve o non deve vivere, come e quando. Il dominio sulla vita, la prima e più spaventosa forma di divenire, viene così trasferito artificiosamente nelle mani dell'uomo, nel tentativo impossibile di immaginarci signori della vita stessa, quindi del bene e del male, esattamente come accadde all'origine dei tempi ad Eva ed Adamo.